Con la sentenza n. 50 pubblicata il 14 marzo 2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, ad esatti tre anni di distanza, per il contrasto con l'art. 76 Cost. (funzione legislativa delegata), bocciando e cancellando, con efficacia retroattiva, le disposizioni di evidente natura sanzionataria ed attributive agli inquilini di vantaggi probabilmente spropositati rispetto alla violazione perpetrata della norma tributaria sulla tardiva registrazione.
Come noto, dal 6 giugno 2011 (sessanta giorni dopo la data di entrata in vigore del decreto legislativo) ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, non registrati nel termine di legge (trenta giorni dalla stipula), veniva sostituita ex lege la disciplina relativa alla durata ed all'ammontare del canone in seguito alla registrazione da parte dell'inquilino (ma anche del locatore: la norma parla di registrazione tardiva volontaria) oppure d'ufficio. Il comma 8 dell'art. 3 del provvedimento all'esame della Corte Costituzionale prevedeva l'applicazione ipso iure al contratto della durata di quattro anni dalla data di registrazione (rinnovabile ai sensi dell'art. 2, comma I, della legge n. 431/1998) e la determinazione (decorrente sempre dalla data di registrazione) della misura del canone annuo di locazione nel triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento secondo gli indici Istat, salvo che il contratto prevedesse un importo inferiore.
Il comma 9, dell'art. 3 in questione, prevedeva, inoltre, l'applicazione di tale disciplina anche ai contratti di locazione registrati in cui risultava indicato un importo inferiore del canone effettivo (evasione parziale) ovvero nel caso in cui fosse stato registrato un contratto di comodato fittizio (evasione totale).
La sentenza n. 50/2014 della Consulta cancella, dunque, tali norme seppur per difetto della delega legislativa al Governo.
Gli effetti potrebbere essere dirompenti per tutti i casi in cui tale disciplina sanzionatoria risulterà essere stata applicata.
Le immediate ed evidenti conseguenze sono, infatti, la nullità del contratto di locazione "sostituito" ex lege, con conseguente possibilità per i locatori sanzionati di richiedere la liberazione dell'immobile; ma anche la possibilità per i locatori di richiedere agli inquilini avvantaggiati da tale disciplina sanzionatoria l'indennizzo per arricchimento senza causa da determinarsi ovviamente dal giudice.
Corte Costituzionale - sentenza 14 marzo 2014 - Presidente Silvestri - Redattore Grossi