IL FONDO PATRIMONIALE E' OPPONIBILE SOLO SE ANNOTATO A MARGINE DELL'ATTO DI MATRIMONIO

Riportiamo il testo integrale della recentissima sentenza, n. 21658 resa pubblica il 13 ottobre 2009, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, a seguito di controverse decisioni delle sezioni semplici in materia di pubblicità ed opponibilità ai terzi del fondo patrimoniale tra i coniugi, ha definitivamente stabilito che solo ove annotato a margine dell'atto di matrimonio, oltrechè trascritto alla Conservatoria dei Registri Immobiliari, la costituzione del fondo patrimoniale tra i coniugi è oppponibile ai terzi.

...omissis...


Motivi della decisione



L'ordinanza a seguito della quale la causa è stata assegnata a queste sezioni unite pone la questione se la costituzione del fondo patrimoniale sia o meno una convenzione matrimoniale. L'ordinanza, pur prendendo atto dell'assenza di un contrasto all'interno dell'orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui la costituzione del fondo patrimoniale è una convenzione matrimoniale, invita ad una rimeditazione del problema. Osserva l'ordinanza che l'atto con il quale viene costituito il patrimonio familiare non è una convenzione matrimoniale come si rileva dalla constatazione che lo stesso è disciplinato autonomamente nel capo 6^ Libro 1^ del c.c. e menzionato nell'art. 2647 c.c., comma 1. Rileva inoltre l'ordinanza che la stessa natura dell'atto in questione "parrebbe escludere la riconducibilità dello stesso alle convenzioni matrimoniali".



Prosegue l'ordinanza che per aderire all'interpretazione fatta propria dalla corte di appello nella sentenza impugnata si dovrebbe accedere "ad una interpretazione estensiva dell'art. 162 c.c. al fine di ricomprendervi qualsiasi negozio che ponga beni appartenenti a persone coniugate in una condizione giuridica diversa da quella propria del regime patrimoniale legale, con conseguente funzione di pubblicità notizia della trascrizione, in quanto il considerare convenzione matrimoniale un atto unilaterale, in ipotesi posto in essere da un terzo, comporterebbe una interpretazione analogica (vietata) e non semplicemente estensiva dell'art. 162 c.c., comma 4".



Afferma invece l'ordinanza che l'opponibilità ai terzi dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale, "avente natura dichiarativa", non può che discendere dalla trascrizione ex art. 2647 c.c. e non dall'annotazione a margine dell'atto di matrimonio ex quarto comma art. 162 c.c.. Diversamente, precisa l'ordinanza, non potrebbe non essere rilevata l'incongruità di un sistema pubblicitario nel quale al terzo acquirente, pur a conoscenza del vincolo gravante sul bene in virtù del controllo nei registri immobiliari, tale vincolo non sarebbe opponibile in quanto non annotato a margine dell'atto di matrimonio.



Devono quindi essere esaminate le seguenti questioni: 1) se l'atto di costituzione del fondo patrimoniale di cui all'art. 167 c.c. sia o meno una convenzione matrimoniale ai fini dell'applicabilità della disposizione dell'art. 162 c.c., comma 4; 2) se, data risposta positiva al quesito che precede, l'opponibilità ai terzi dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale - avente ad oggetto beni immobili - sia subordinata all'annotazione a margine dell'atto di matrimonio a prescindere dalla trascrizione del medesimo atto imposta dall'art. 2647 c.c..



Ai detti quesiti la corte di merito ha dato risposta positiva con sentenza che queste sezioni unite devono confermare confermando in tal modo i principi recentemente affermati da questa Corte con la sentenza 25/3/2009 n. 7210 pronunciata dopo la pubblicazione della citata ordinanza delle seconda sezione civile (richiamata ed esaminata nella detta sentenza) e con la quale è stato deciso un ricorso promosso dai coniugi F.- S. sulla base degli stessi quattro motivi prospettati con il ricorso in esame relativo ad una analoga fattispecie.

Per quel che riguarda il primo motivo di ricorso va innanzitutto rilevata l'inammissibilità - puntualmente eccepita dalla società resistente - della censura con la quale i menzionati coniugi prospettano per la prima volta in questa sede di legittimità la tesi secondo cui nella specie sarebbe da escludere la sussistenza di una "convenzione matrimoniale" in quanto "nell'atto costitutivo del fondo la presenza dell'altro coniuge sig. F.G. è richiesta per la sola accettazione". Deducono in proposito i ricorrenti che il fondo patrimoniale in questione è stato costituito "con atto unilaterale di uno solo dei coniugi e con beni che rientravano nella sua proprietà esclusiva sicchè alla costituzione per atto unilaterale non possono applicarsi sic et simpliciter le norme speciali della pubblicità".

Al riguardo è appena il caso di osservare che la detta censura si basa su una questione - costituzione del fondo patrimoniale in esame da parte di uno solo e di entrambi i coniugi - non prospettata nei giudizi di merito. Della detta questione non si fa infatti alcun cenno nella sentenza impugnata nella quale, anzi, nella esposizione in fatto si da atto che i coniugi F.- S. nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado avevano dedotto di aver costituito, con atto del 20/4/1990, un fondo patrimoniale e, nella parte motiva, si premette che con il detto atto S.R. "con l'assenso del marito" aveva costituito il fondo patrimoniale. Sul punto va ribadito il principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità secondo cui nel giudizio di cassazione, a parte le questioni rilevabili di ufficio (sulle quali non si sia formato il giudicato), non è consentita la proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione difensiva, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi da quelli fatti valere nel pregresso giudizio di merito e prospettino comunque questioni fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da quelli ivi proposti. I motivi del ricorso per cassazione devono infatti investire, a pena di inammissibilità, statuizioni e problematiche che abbiano formato oggetto del giudizio di appello per cui non possono essere prospettate questioni nuove o nuovi temi di indagine involgenti accertamenti non compiuti perchè non richiesti in sede di merito.

Pertanto ove il ricorrente in sede di legittimità proponga una questione non trattata nella sentenza impugnata, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere (nella specie non rispettato) non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.

Nella specie tale onere non è stato rispettato: nel ricorso non si afferma che essi coniugi nei giudizi di merito avevano sostenuto l'impossibilità di ravvisare nella specie una "convenzione matrimoniale" per essere stato costituito il fondo patrimoniale con atto unilaterale della sola S..

La riportata tesi esposta dai ricorrenti con la parte non è quindi deducibile in questa sede di legittimità perchè introduce per la prima volta un autonomo e diverso sistema difensivo che postula indagini e valutazioni non compiute dal giudice di appello perchè non richieste.

Va peraltro aggiunto che nessuna specifica censura risulta essere stata mossa dai ricorrenti con il motivo in esame alla parte della sentenza impugnata con la quale la corte di appello - confermando la decisione del tribunale che aveva rigettato la domanda dei coniugi F.- S. "perchè l'atto costitutivo del fondo patrimoniale non risultava annotato a margine dell'atto di matrimonio come prescritto dall'art. 162 c.c." (pagina 3 sentenza impugnata) - ha espressamente affermato che "la stipulazione del fondo patrimoniale" è ai sensi dell'art. 167 c.c. "una tipica convenzione matrimoniale" (pagina 11 citata sentenza). La detta parte della sentenza non ha formato oggetto di specifica critica da parte dei ricorrenti con il motivo in esame per cui deve ritenersi avente efficacia di giudicato la riportata affermazione della corte di merito secondo cui il negozio costitutivo del fondo patrimoniale è una convenzione matrimoniale, così come ripetutamente e costantemente affermato nella giurisprudenza di legittimità e - implicitamente - dalla Corte Costituzionale nella sentenza 6/4/1995 n. 111 e le cui conclusioni (come segnalato nell'ordinanza di rimessione) non sono state condivise "dalla stragrande maggioranza della dottrina" che ne ha evidenziato e lamentato "le incongruenze".

Non meritevole di accoglimento è anche il secondo motivo di ricorso con il quale i coniugi F.- S. hanno sollevato numerose ed articolate censure tutte analiticamente e dettagliatamente esaminate - e risolte in senso sfavorevole alle tesi dei ricorrenti - da questa Corte con la sopra citata sentenza 7210/2009 con motivazione che queste Sezioni Unite condividono e fanno propria per cui verrà di seguito sinteticamente riportata anche perchè conforme ai principi in materia numerose volte affermati nella giurisprudenza di legittimità (sentenze 8/10/2008 n. 24798; 30/9/1998 n. 24332; 16/11/2007 n. 23745; 5/4/2007 n. 8610; 15/3/2006 n. 5684; 19/11/1999 n. 12864; 1/10/1999 n. 10859; 27/11/1987 n. 8824).

La costituzione del fondo patrimoniale di cui all'art. 167 c.c. - compresa tra le convenzioni matrimoniali secondo quanto ritenuto dalla corte di merito con affermazione che non può più essere posta in discussione - è soggetta alle disposizioni dell'art. 162 c.c. circa le forme delle convenzioni medesime, ivi incluso il terzo comma "che ne condiziona l'opponibilità ai terzi all'annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo per gli immobili, ai sensi dell'art. 2647 c.c., resta degradata a mera pubblicità-notizia" (inidonea ad assicurare detta opponibilità) e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo. Ne consegue che, in mancanza di annotazione del fondo patrimoniale a margine dell'atto di matrimonio, il fondo medesimo non è opponibile ai creditori che - come appunto nella specie - abbiano iscritto ipoteca sui beni del fondo essendo irrilevante la trascrizione del fondo nei registri della conservatoria dei beni immobili.

Alle dette conclusioni si perviene essenzialmente sulla base delle seguenti considerazioni.

L'abrogazione ad opera della L. n. 151 del 1975, art. 206, comma 4 del previdente dell'art. 2647 c.c., comma 4 - che considerava la trascrizione del vincolo familiare requisito di opponibilità ai terzi - rende evidente l'intento del legislatore di degradare la trascrizione del fondo a pubblicità notizia e di riservare l'opponibilità del vincolo ai terzi all'annotazione di cui all'art. 162 c.c., u.c.. L'annotazione a margine dell'atto di matrimonio della data del contratto, del notaio rogante e delle generalità dei contraenti che hanno partecipato alla costituzione del fondo patrimoniale mira a tutelare, ancor più che per il passato, i terzi che pongono in essere rapporti giuridici con i coniugi.

La detta funzione attribuita dalla annotazione ex art. 162 c.c. - consentire al terzo di ottenere una completa conoscenza circa la condizione giuridica dei beni cui il vincolo del fondo si riferisce attraverso la lettura del relativo contratto - e l'eliminazione dell'art. 2647 c.c., u.c. consentono di affermare che la detta annotazione costituisce l'unica formalità pubblicitaria rilevante agli effetti della opponibilità della convenzione ai terzi e che la trascrizione del vincolo ex art. 2647 c.c. è stata degradata al rango di pubblicità-notizia. Il fondo patrimoniale risulta quindi sottoposto ad una doppia forma di pubblicità: annotazione nei registri dello stato civile (funzione dichiarativa); trascrizione (funzione di pubblicità notizia). Infatti quando la legge non ricollega alla trascrizione un particolare effetto ben determinato, si è in presenza di una pubblicità notizia. Il legislatore tutte le volte in cui ha voluto attribuire alla pubblicità determinati effetti lo ha detto esplicitamente, mentre laddove non ha detto nulla deve ritenersi trattarsi di pubblicità notizia.

Sono peraltro numerose le disposizioni analoghe all'art. 2647 c.c. nell'attuale formulazione e mai si è dubitate che esse - non ricollegando all'omissione della trascrizione alcuna sanzione specifica - configurino casi di pubblicità-notizia. Vanno ricordate le norme dettate dalla L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 2, comma 2 e art. 3, comma 2, che riguardano il vincolo di indisponibilità sui beni di interesse culturale; dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 7, comma 5, a proposito dei vincoli sull'edilizia abitativa convenzionata; nonchè dalla L. Fall., art. 88, comma 2, a proposito della presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore, art. 166, comma 2 e art. 191, comma 2 della stessa legge.

In definitiva, in base al descritto quadro normativo, il terzo interessato deve non solo consultare i registri immobiliari al fine di verificare la situazione relativa ad un determinato bene immobile, ma anche verificare se il titolare è coniugato e, in caso positivo, controllare se a margine dell'atto di matrimonio sia stata annotata una convenzione derogatoria.

A conferma di quanto precede va segnalata la sentenza 6 aprile 1995 n. 111 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 162 c.c., u.c., artt. 2647 e 2915 c.c., nella parte in cui non prevedono che, per i fondi patrimoniali costituiti sui beni immobili a mezzo di convenzione matrimoniale, l'opponibilità ai terzi sia determinata unicamente dalla trascrizione dell'atto sui registri immobiliari, anzichè pure dalla annotazione a margine dell'atto di matrimonio. Ha osservato il giudice delle leggi che la necessità di effettuare ricerche sia presso i registri immobiliari, sia presso i registri dello stato civile (questi ultimi meno accessibili e sia pur meno affidabili) costituisce un onere che, sebbene fastidioso, non può dirsi eccessivamente gravoso, non soltanto rispetto al principio di tutela in giudizio, ma anche rispetto all'art. 29 Cost., che semmai tutela gli aspetti etico-sociali della famiglia e non è quindi, utilmente invocabile come parametro del contrasto, ed all'art. 3 Cost., in quanto una duplice forma di pubblicità (cumulativa, ma a fini ed effetti diversi) per la costituzione dei fondi in parola trova giustificazione nel generale rigore necessario alle deroghe al regime legale e nell'esigenza di contemperare gli interessi contrapposti della conservazione del patrimonio per i figli fino alla maggiore età dell'ultimo di essi e dell'impedimento di un uso distorto dell'istituto a danno delle garanzie dei creditori.

Consegue da quanto precede che - al contrario di quanto sostenuto dai ricorrenti con il secondo motivo e conformemente a quanto affermato dalla corte di appello nella sentenza impugnata - l'annotazione di cui all'art. 162 c.c., comma 4 (norma speciale) è l'unica forma di pubblicità idonea ad assicurare l'opponibilità della convenzione matrimoniale ai terzi, mentre la trascrizione di cui all'art. 2647 c.c. (norma generale) ha funzione di mera pubblicità-notizia.

L'opponibilità ai terzi dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale (avente ad oggetto beni immobili) è quindi subordinata all'annotazione a margine dell'atto di matrimonio a prescindere dalla trascrizione del medesimo atto imposta dall'art. 2647 c.c..

Va infine rilevata l'insussistenza della asserita violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. denunciata dai coniugi F.- S. nell'ultima parte del motivo di ricorso in esame con riferimento al comportamento della BCI asseritamene contrario ai principi di correttezza e buona fede.

In via preliminare va segnalato che nella sentenza impugnata non si fa alcuna menzione della acquisita prova della conoscenza da parte dell'istituto bancario della costituzione del fondo patrimoniale sui beni ipotecati.

Peraltro, anche a voler dare per scontata la detta conoscenza da parte della BCI, il comportamento di quest'ultima non si porrebbe in contrasto con i menzionati principi di correttezza e buona fede rientrando nella sua libertà e discrezionalità la scelta dello strumento riconosciuto dall'ordinamento con il quale tutelare le garanzie del proprio credito.

Non va sottaciuto inoltre che alle regole di correttezza e buona fede devono ispirarsi entrambe le parti di un rapporto obbligatorio per cui se una di esse sia inadempiente e persista nel suo inadempimento, l'altra ben e legittimamente può avvalersi di tutti gli strumenti (nella specie l'iscrizione ipotecaria sui beni del debitore prevista dall'art. 2808 c.c. e segg.) previsti dall'ordinamento per porre rimedio all'inadempimento ed al conseguente pregiudizio subito dalla parte adempiente.

Dalle considerazione che precedono deriva logicamente l'infondatezza del terzo motivo di ricorso sopra riportato - relativo all'asserita violazione dell'art. 170 c.c. - posto che la censura ivi sviluppata presuppone l'opponibilità all'istituto bancario creditore del fondo patrimoniale costituito dai coniugi ricorrenti. Esclusa - per le ragioni sopra esposte - la detta opponibilità, è evidente che ben poteva il detto istituto aggredire i beni dei propri debitori non sottoposti ai vincoli di indisponibilità derivanti dalla disciplina dettata dall'istituto del fondo patrimoniale.

Del pari è infondato il quarto motivo di ricorso - concernente la richiesta risarcitoria nei confronti del Comune di Nocera Superiore - ed al riguardo è sufficiente il richiamo al principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui nell'esercizio della funzione di tenuta dei registri dello stato civile, il sindaco assumendo la veste di ufficiale di Governo, agisce quale organo dello Stato in posizione di dipendenza gerarchica anche rispetto agli organi statali centrali (Ministero della giustizia) e locali di grado superiore (Procuratore della Repubblica). Pertanto nelle controversie relative allo svolgimento di tale funzione (nella specie mancata annotazione nei registri dello stato civile della costituzione di un fondo patrimoniale) la legittimazione passiva appartiene non al Comune, ma allo Stato (in tali sensi, tra le tante, sentenze 25/3/2009 n. 7210; 14/2/2000 n. 1599).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Sussistono giusti motivi - in considerazione, tra l'altro, della natura controversa, della peculiarità, della complessità e della rilevanza delle questioni trattate tanto che il relativo esame è stato sottoposto al vaglio a queste Sezioni Unite - che inducono a compensare per intero tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2009.