LA MOLESTIA VIE E-MAIL NON COSTITUISCE REATO.

La molestia via e-mail non è prevista dalla legge come reato. Con una sentenza in punta di codice, la Cassazione punisce con una semplice ammenda un uomo di 41 anni che aveva inviato poste elettroniche a una signora facendo pesanti apprezzamenti sia professionali sia personali sul compagno della destinataria. Gli ermellini si sono dissociati dalla conclusione dei giudici di merito e hanno annullato la precedente condanna, inflitta grazie a un'interpretazione elastica del l'articolo 660 del codice penale che individua solo nel telefono il mezzo elettronico per la molestia. Secondo il giudice di prima istanza la norma non è tassativa ma va letta in funzione dell'evolversi dei mezzi tecnologici disponibili, con la conseguenza che l'aumento della "gamma delle opportunità intrusive" deve essere messa in relazione "all'espansione delle condotte in grado di integrare l'elemento strutturale della molestia". A sostegno della sua tesi il tribunale ha citato la giurisprudenza di legittimità che ha inserito il citofono tra i mezzi di molestia, basandosi sulla convinzione che nella dizione telefono rientrino tutti i mezzi di comunicazione a distanza, senza contare, avevano concluso i giudici di primo grado, che la mail viene inoltrata tramite telefono. Un ragionamento che i giudici di piazza Cavour apprezzano ma non condividono. Per gli ermellini i giudici di merito sbagliano nell'estendere alla posta elettronica la punibilità prevista per le molestie via telefono, ed errata è anche l'affermazione sulla "la posta elettronica inoltrata col mezzo del telefono" . La Suprema corte lascia il codice per il manuale di elettronica e spiega che la e-mail utilizza la rete telefonica e la rete cellulare delle bande di frequenza ma non il telefono "né costituisce applicazione della telefonia che consiste, invece, nella teletrasmissione, in modalità sincronica di voce e di suoni". Non passa neppure il richiamo alla precedente giurisprudenza che allarga il raggio d'azione al citofono, essendo quest'ultimo, secondo la Cassazione, assolutamente assimilabile al telefono dal punto di vista tecnico. Il paragone calzante - continua invece il Supremo collegio - va fatto con la normale corrispondenza. Per vedere la posta elettronica è infatti necessaria una connessione e l'attivazione di una sessione di consultazione della propria casella elettronica oltre alla volontà di procedere alla lettura del messaggio. Operazioni simili a quelle che si fanno per la tradizionale corrispondenza. Quello che più interessa agli ermellini per escludere il reato è comunque la totale mancanza, a differenza di quanto avviene con la telefonata, di un'interazione tra mittente e destinatario, non esiste inoltre nessuna intrusione del primo nella sfera del secondo. Non basta, precisano gli ermellini, il turbamento del soggetto che riceve il messaggio se mancano gli altri elementi che scattano solo quando il reato viene commesso in pubblico (come previsto sempre dall'articolo 600 del codice penale) o per mezzo del telefono. In tal caso è, infatti, più difficile la difesa dall'intrusione a meno di una disattivazione del servizio con un evidente danno alla libertà di comunicazione sancita dalla costituzione. Per la stessa ragione rientrano nel concetto di molestie anche gli sms.



Corte di Cassazione - Sezione I penale - Sentenza 30 giugno 2010 n. 24510 - Presidente Chieffi