PER LA COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO, NASCE UNA NUOVA FIGURA PROFESSIONALE.

Mercoledì 18 febbraio 2015

Per la composizione della crisi da sovraindebitamento, nasce una nuova figura professionale.

La crisi economica che, ormai, da qualche anno, attanaglia la nostra Società, può essere volano di nuove strategie professionali ed, in tale solco, si inserisce la recente pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2015 del decreto del Ministero della Giustizia n. 202 del 24 settembre 2014, riguardante la composizione della crisi da sovraindebitamento del debitore.
Il provvedimento, di fatto, apre nuovi scenari per i cittadini e le imprese in difficoltà economica, offrendo un valido, quanto efficace, strumento per ripianare le situazioni debitorie passive.
Ed è proprio in questi nuovi spazi che viene richiesta la preparazione e la professionalità degli Avvocati che, di conseguenza, vedono ampliarsi, in maniera esponenziale, i possibili ambiti di intervento, con possibilità di beneficiarne anche economicamente.
Indubbiamente nasce una nuova figura professionale che attrarrà soprattutto – ma non solo - quegli avvocati che normalmente si occupano di recupero crediti, esecuzioni, procedure concorsuali e fallimenti, avendo maturato una certa esperienza nel campo.
Il provvedimento in questione si pone nella scia di quanto statuito nella riforma della disciplina sulle procedure concorsuali del 2005.
Il fallito, infatti, poteva ricorrere alla cosiddetta esdebitazione, al fine di cancellare la globalità delle situazioni debitorie, seppure non soddisfatte all’esito dalla liquidazione dell’attivo della procedura concorsuale.
Il pregio della norma era quello di riconoscere al soggetto, ottenuta l’esdebitazione, la possibilità di ricominciare la “propria vita commerciale”, senza il fardello dei debiti pregressi: una sorta di new deal.
Ma vuoi per volontà di poteri forti, vuoi per scarsa conoscenza, l’istituto era stato posto nel “dimenticatoio”, anche grazie al fatto che lo stesso si applicava solo ai soggetti previsti dall’articolo 1 della Legge Fallimentare.
Per colmare appunto questa lacuna che il Legislatore è intervenuto, con la legge  n.3/2012, (modificata dal d.l. 179/2012 convertito nella legge 221/2012): nasce, quindi, la composizione delle crisi da sovraindebitamento.
La ratio legis è quella di evitare che, dal sovraindebitamento, scaturisca il cd. marchio di infamia “di debitore a tempo indeterminato”.
Tale base normativa è stato completata dalla recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto n° 202/2014 , con la quale è stata disposta l’istituzione, presso il Dicastero di via Arenula, del Registro degli Organismi autorizzati alla gestione della crisi da sovraindebitamento.
A tale registro potranno essere iscritti, di diritto, anche gli Avvocati, sia singolarmente che facenti parte di uno studio associato.
L’iscrizione deve avvenire con la presentazione di una semplice domanda.
Al registro verranno ammessi i soggetti purché muniti dei requisisti formativi e di esperienza richiesti dal Ministero.
Quest’ultimo provvederà a curare la formazione, l’aggiornamento, la sospensione, la cancellazione, nonché le tabelle sui compensi e sui rimborsi spettanti.
L’Avvocato o l’Organismo, oltre ad essere tenuto al rispetto della riservatezza delle parti, è tenuto a stipulare una polizza assicurativa.
I compensi, d’altro canto, saranno rapportati all’ammontare delle somme realizzate, al numero dei creditori, al passivo che risulterà dall’accordo presentato ed alla complessità affrontata.
Per i primi tre anni, secondo quanto disposto dal decreto, gli Avvocati saranno esentati dall’obbligo di aggiornamento biennale su temi concorsuali, sempre che dimostrino l’effettiva nomina in almeno quattro procedure fallimentari.
Il decreto, entrato in vigore il 28 gennaio 2015, deve essere di conseguenza  letto come una opportunità per ampliare le fette del mercato di competenze spettanti agli Avvocati.
Ma vediamo qual è il ruolo che, in concreto, spetta a noi legali.
Il debitore che si trovi in sovraindebitamento può proporre ai propri creditori, grazie all’intermediazione degli organismi di composizione della crisi e, quindi, con l’aiuto degli Avvocati,  un accordo di ristrutturazione e rientro dei debiti.
Lo scopo è di assicurare il rientro per chi gode di crediti impignorabili, ex art. 545 c.p.c.,  attraverso un dettagliato piano che differenzi i vari crediti, classificando anche le garanzie prestate  ed il modo in cui si intende procedere alla vendita dei beni (ex art. 7 co. 1).
Inoltre, il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un professionista che, su nomina del Giudice, provveda alla custodia, alla liquidazione e alla distribuzione del ricavato.
Il Legislatore, tuttavia, ha previsto alcuni limiti all’accesso a tale procedura, al fine di evitare possibili strumentalizzazioni per scopi meramente dilatori. 
L’Art. 7. co. 2, infatti, stabilisce che “la proposta non e’ ammissibile quando il debitore, anche consumatore:
a) e’ soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo;
b) ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente capo;
c) ha subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli articoli 14 e 14-bis;
d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale”.
La proposta di rientro debitoria deve essere presentata al Tribunale di residenza o presso la sede principale del debitore ed è a cura del professionista incaricato, facente parte dell’Organismo di composizione della crisi.
Nella fase prodromica alla presentazione dell’accordo,  graverà, quindi, sugli Avvocati, l’onere di procedere ad una specifica, quanto dettagliata ricostruzione:
- della situazione fiscale globale, indicando i contenziosi pendenti;
- dell’elenco di tutti i creditori ed i loro crediti;
- della situazione patrimoniale del debitore, nonché la ricostruzione degli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni;
- dei redditi degli ultimi tre anni;
- deve essere presentata una certificazione di garanzia del piano, sulla falsa riga degli attestati forniti dalle società di revisione;
- nonché l’indicazione delle spese per mantenere il debitore e la sua famiglia.
Gli Avvocati membri dell’Organismo di composizione della crisi dovranno indicare,  inoltre, le ragioni che hanno portato all’indebitamento e lo studio di fattibilità, indicando eventuali possibili inadempienze agli obblighi.
Si dovrà stilare un rapporto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni, indicando gli atti del debitore impugnati dai creditori ed il giudizio sulla attendibilità della documentazione depositata dal consumatore.
Il deposito della proposta di accordo sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio.
Il Giudice, quindi, fisserà con decreto l’udienza, disponendo la comunicazione ai creditori ed ordinando, in caso di cessione o affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, la trascrizione del decreto.
Fino a che il provvedimento di omologazione non diventi definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore.
I creditori  devono far pervenire all’Organismo di composizione della crisi, dichiarazione sottoscritta con il consenso alla proposta.
La mancata presentazione deve essere intesa alla stregua del principio del silenzio assenso.
L’accordo deve essere sottoscritto con almeno il 60% dei creditori, mentre quelli muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza.
L’accordo, una volta raggiunto, deve essere omologato dal Giudice e pubblicato ed è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità.
I creditori con causa o titolo posteriore non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.
Infine, la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo e gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell’accordo omologato non sono soggetti all’azione revocatoria ex art. 67 Legge Fallimentare.