L'ORDINE DI PROTEZIONE CONTRO GLI ABUSI FAMILIARI PUO' ESSERE RICHIESTO SOLO DALLA PARTE LESA O DALL'AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO OVE NOMINATO.

Mercoledì 8 aprile 2015

L'ordine di protezione contro gli abusi familiari può essere richiesto solo dalla parte lesa o dall'amministratore di sostegno ove nominato.



Il Tribunale di Milano, IX Sezione civile, Giudice Dott. Muscio, con il decreto depositato il 18 marzo 2015, ha dichiarato la inammissibilità del ricorso per l'emissione di un ordine di protezione familiare proposto dal figlio non convivente del soggetto beneficiario della misura.
Il Giudice ha spiegato che non sussiste in capo al ricorrente terzo (pur se figlio del beneficiario della misura) la legittimatio ad causam per la richiesta di un ordine di protezione ex art. 342 bis c.c., posto che il terzo, in tal modo, farebbe valere un interesse o meglio un diritto non proprio. Il Tribunale di Milano chiarisce che "opera, infatti, la disposizione di cui all’art. 81 c.p.c per cui nessuno può far valere in nome proprio un diritto altrui fuori dai casi previsti dalla legge, eccezione che non ricorre nel caso di specie. E sul punto la Cassazione ha con indirizzo uniforme ribadito che il difetto di legittimazione attiva o passiva è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio salvo che sul punto non si sia formato il giudicato, atteso che esso attiene alla regolare instaurazione del contraddittorio e che i principi costituzionali di incondizionato accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti e del giusto processo risulterebbero lesi se l'osservanza delle relative disposizioni dipendesse esclusivamente dalla iniziativa di parte". Nella specie, inoltre, al soggetto beneficiario dell'ordine di protezione risulta nominato un amministratore di sostegno, il quale, con l'autorizzazione del Giudice Tutelare, ben può agire per la tutela di tutti i diritti eventualmente lesi del beneficiario.
Il Giudice di Milano, richiamando altra pronuncia della medesima autorità giudiziaria, spiega anche il motivo della declaratoria di inammissibilità pur senza previamente provvedere alla instaurazione del contraddittorio tra le parti, chiarendo che "le ragioni giuridiche poste a fondamento della pronuncia di inammissibilità rendono del tutto superflua l’insaturazione del contraddittorio secondo consolidato indirizzo di questo Ufficio («dove emerga, in ragione di un quadro normativo consolidato, che il ricorso introduttivo del giudizio è inammissibile è superflua la previa instaurazione del contraddittorio con controparte, atteso che non potrebbe per tale via neppure in ipotesi giungersi al superamento delle considerazioni in rito. E’ conseguentemente ammissibile la chiusura del procedimento in rito, de plano» (Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 2 - 3 aprile 2013, Pres. est., Servetti)."

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