L'ANIMUS DONANDI DELLA RINUNZIA ALLA QUOTA DI COMPROPRIETA' NON IMPONE L'ATTO PUBBLICO AD SUBSTANTIAM.

Mercoledì 11 marzo 2015

L'animus donandi della rinunzia alla quota di comproprietà non impone l'atto pubblico ad substantiam.


La Corte Suprema di Cassazione, II Sezione Civile, con la sentenza n. 3819 depositata il 25 febbraio 2015 (Pres. Mazzacane - Est. Giusti), ha chiarito che costituisce donazione indiretta la rinunzia alla quota di comproprietà, fatta in modo da avvantaggiare in via riflessa tutti gli altri comproprietari, trattandosi di una rinunzia abdicativa alla quota di comproprietà atteso che l'acquisto del vantaggio accrescitivo da parte degli altri comunisti si verifica solo in modo indiretto attraverso l'eliminazione dello stato di compressione dell'interesse degli altri contitolari a causa dell'appartenenza del diritto anche ad un altro soggetto. Pertanto, spiega la Suprema Corte, poichè per la realizzazione del fine di liberalità viene utilizzato un negozio tipico, appunto la rinunzia alla quota da parte del comunista, diverso dal contratto di donazione, non è necessaria la forma dell'atto pubblico richiesta per quest'ultimo.
La sola forma scritta del negozio ex art. 1104 cod. civ. di rinunzia di uno dei comproprietari è perciò sufficiente per la sua validità concretantesi puramente e semplicemente in una rinunzia alla contitolarità di un diritto di proprietà immobiliare in favore di tutti gli altri condividenti con estensione automatica in proporzione delle loro quote.
La liberalità indiretta si realizza, pertanto, attraverso un negozio tipico di rinunzia alla quota di comproprietà che non richiede la forma dell'atto pubblico ad substantiam.

Vai alla sentenza della Corte di Cassazione 25 febbraio 2015 n. 3819