DEFINIRE "COMPAGNO DI MERENDE" L'AVVERSARIO POLITICO DISONESTO NON E' REATO.

Non è diffamazione definire "compagno di merende" l'avversario politico che tramando provoca al rivale un'ingiusta detenzione. La I Sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 41551, depositata il 29 ottobre 2009, ha così confermato l'assoluzione nei confronti di un ex presidente della Provincia di Reggio Calabria condannato in primo grado per diffamazione e assolto in Corte d'Appello. La condanna in primo grado era arrivata in seguito alle affermazioni fatte dall'ex amministratore nel corso di una conferenza stampa, durante la quale aveva attribuito l'appellativo di "compagno di merende" all'esponente di un diverso schieramento politico che lo aveva spedito in carcere dopo aver raccolto e diffuso le dichiarazioni di un pentito che lo indicava come un esponente di un'associazione mafiosa. Accusa che era costata all'ex capo dell'Ente locale un periodo di custodia cautelare in carcere per corruzioni e associazione criminale. Dopo l'assoluzione perchè tutti i retai contestati erano infondati è arrivata anche l'assoluzione per la diffamazione. Anche per la corte di cassazione la prova di essere stato calunniato giustificava la veridicità della tesi del complotto. E la definizione, pur pesante, usata dall'ex amministratore restava nei limiti posti per il diritto di critica e di cronaca: quelli della verità, continenza e pertinenza.