IL CLIENTE CHE AGISCE CONTRO L'AVVOCATO DEVE DIMOSTRARE CHE LA CONDOTTA DOVEROSA AVREBBE EVITATO IL DANNO.

Con la sentenza n. 20828 depositata il 29 settembre 2009, la Corte di Cassazione ha precisato che nelle cause di responsabilità professionale contro gli avvocati vige il principio secondo cui non è sufficiente dimostrare in concreto il danno nè l'astratta possibilità di una pronuncia favorevole (nella specie, di gravame), ma il cliente che assume di aver subito un danno deve dimostrare che la condotta doverosa (omessa dall'avvocato) avrebbe evitato il danno al cliente.
Il cliente che chieda al proprio difensore il ristoro dei danni, che a norma dell'art. 1223 c.c. devono essere dimostrati in concreto e consistere in una diminuzione patrimoniale, conseguenti alla mancata comunicazione dell'avvenuto deposito di una pronuncia sfavorevole, con conseguente preclusione della possibilità di proporre impugnazione, deve dimostrare che questa, ove proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta. Quindi il cliente non può limitarsi a dedurre l'astratta possibilità della riforma in appello di tale pronuncia in senso a lui favorevole, ma deve dimostrare l'erroneità della pronuncia in questione oppure produrre nuovi documenti o altri mezzi di prova idonei a fornire la ragionevole certezza che il gravame, se proposto, sarebbe stato accolto, secondo il criterio del "più probabile che non", poichè l'accertamento del rapporto di causalità ipotetica derivante dalla condotta omissiva passa attraverso l'enunciato "controfattuale" che pone al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto, alla luce del quale verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato.